La zampogna tra i patrimoni dell’umanità. Il rilancio di una proposta.

In occasione del Festival della zampogna del 2009 (24-26 luglio), in collaborazione con il Comitato per la promozione del patrimonio culturale immateriale (ICHnet),  il Circolo della zampogna organizzò a Scapoli,  il 25 luglio, una importante tavola rotonda dal titolo “La zampogna, un patrimonio culturale da salvaguardare”. La “giornata di riflessione su uno dei più antichi strumenti musicali italiani e sull’universo culturale che ruota intorno esso” –come recitava il sottotitolo dell’evento- ebbe il patrocinio dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia-Ministero per i beni e le attività culturali e vide la partecipazione di un consistente numero di qualificati relatori di diversa professionalità e provenienza nonché di altrettanto competenti testimoni dello stato di conservazione della cultura della zampogna nelle varie aree del centro sud d’Italia e di decine di associazioni culturali operanti nelle comunità in cui era (ed è) ancora presente la pratica della zampogna. Vennero inoltre invitati a partecipare i sindaci di un gran  numero di comuni di riconosciuta tradizione zampognara delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise e Sicilia.

Intento precipuo dell’iniziativa fu quello di creare una vera e propria rete delle comunità della zampogna con il compito di coordinare l’elaborazione di un progetto da presentare all’UNESCO al fine di ottenere dal prestigioso organismo internazionale il riconoscimento della zampogna  come patrimonio dell’umanità.

Nell’attivare  la proposta  ci confortava il fatto che altri strumenti musicali tradizionali, all’epoca la fujara slovacca e il duduk armeno, avevano già ottenuto l’importante riconoscimento. Inoltre eravamo convinti –e per quanto ci riguarda lo siamo tuttora- che “Nello spirito della Convenzione UNESCO per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale  la zampogna italiana presenta tutti i requisiti che la Convenzione stessa pone a base del proprio interesse, in quanto testimonianza tra le più antiche e ininterrotte di un retaggio culturale fatto di musica, prassi esecutive e rappresentative nonché di sapere artigianale trasmesso di generazione in generazione e costantemente ricreato dalle comunità locali di appartenenza quale tratto distintivo della loro storia e della loro identità.”

Purtroppo, dobbiamo prendere atto che nel corso degli anni che sono trascorsi dalla sua formulazione, la proposta non è andata oltre la sua enunciazione. Siamo però convinti che nella gran parte di noi la volontà di proseguire nell’iniziativa non è venuta meno.

In virtù di tale convinzione, unitamente all’associazione “Totarella” di Terranova di Pollino –accreditata UNESCO, come il Circolo della zampogna, presso il Comitato Intergovernativo della Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale- si è ritenuto di rilanciare la proposta. L’Incontro Zampognaro d’Autunno -indetto per il 25 novembre a Scapoli, in uno con l’Assemblea dei soci del Circolo- è parso l’occasione più immediata e propizia per cominciare a riannodare i fili del discorso avviato circa otto anni fa. Con l’appello, a tutta la comunità zampognara, di unire le forze al fine di pervenire alla presentazione all’UNESCO, secondo le procedure previste, di una candidatura unica per l’iscrizione della zampogna nella Lista Rappresentativa dei Patrimoni dell’Umanità, sia pure articolando il progetto  sulla base delle singole declinazioni regionali e sub regionali dello strumento.

Ciò per la ragione fondamentale che, oggettivamente, non avrebbe senso che ciascuna regione, se non addirittura ciascun paese, presentasse una proposta di candidatura per la propria zampogna. Che è pur sempre una zampogna -vale a dire un aerofono a sacco caratterizzato da due elementi fondamentali, il mono impianto e il doppio chanter- e non altro, a prescindere dalle differenze che si possono riscontrare da zona a zona (ad esempio: con chiave e senza chiave; senza, con due o più bordoni; con chanters di lunghezza pari o diseguale; con ance doppie, semplici o miste).

Esempi di candidature unitarie e “in rete” (in qualche caso anche di carattere internazionale) che hanno visto protagonista  il nostro Paese con esito positivo, ve ne sono stati di recente sia nel campo dei beni culturali immateriali, che nella sua più ampia accezione è anche il nostro campo, sia nel campo dei beni materiali. Per i primi mi riferisco, ad esempio, alla “rete delle grandi macchine a spalla italiane” (i Gigli di Nola, Nostra Signora della Santa Lettera di Palmi, la Discesa dei Candelieri di Sassari e Santa Rosa di Viterbo)  mentre per i secondi l’esempio più recente è quello della candidatura unitaria dei boschi di Fagus sylvatica –che ha coinvolto ben 10 paesi europei – Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna e Italia- e che ha portato all’attribuzione del prestigioso riconoscimento Unesco a complessivi 63 nuclei di faggete “vetuste”, cioè particolarmente antiche e rispondenti a determinati criteri, tra cui 6 siti italiani e precisamente: a un insieme di cinque boschi di faggio nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, a due foreste nella Tuscia laziale già protette in parchi regionali, alla Foresta Umbra e al bosco del Falascone nel Parco Nazionale del Gargano, al bosco di Cozzo Ferriero nel Parco Nazionale del Pollino, versante Basilicata e alla faggeta di Sasso Fratino, in provincia di Forlì-Cesena, nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Inoltre, un progetto analogo è in corso relativamente alla rete tratturale e al fenomeno della transumanza che vede in squadra il Molise, l’Abruzzo, la Basilicata, la Campania e il Lazio.

Una candidatura unitaria della zampogna avrebbe dunque dei validi precedenti nell’ambito dei  patrimoni culturali sia immateriali che materiali.

Ci rendiamo conto, nel rilanciare la proposta,  che la questione, calata nel concreto, è sicuramente complessa sotto diversi profili a partire dalla obbiettiva  difficoltà di mettere insieme le tante anime del mondo di questi strumenti  a come articolare un progetto così ampio. Occorrerà l’aiuto di esperti e, soprattutto, sarà fondamentale la disponibilità dei tanti soggetti interessati. Ma difficoltà non vuole dire impossibilità e se altri ce l’hanno fatta, come gli esempi sopra riportati dimostrano, non vedo perché non dovremmo farcela anche noi.  Si tratta, innanzitutto, di crederci e di volerci provare e l’incontro di Scapoli del 25 novembre può essere l’occasione per una prima verifica. Per il resto, tutto è da discutere, valutare e, si spera, da costruire, insieme a quanti vorranno esserci.

Farà piacere sapere che nella 12^ sessione del Comitato Intergovernativo della Convenzione UNESCO sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, che si terrà in Corea dal 4 al 9 dicembre 2017, si deciderà sull’iscrizione o meno, nella Lista  Rappresentativa dei Patrimoni culturali immateriali dell’Umanità, della uilleann pipe, la cornamusa irlandese. Gli amici dell’associazione “Na Piobairi Uilleann” di Dublino (che ha proposto la candidatura poi fatta propria e presentata all’UNESCO dal governo irlandese) ci hanno creduto e probabilmente porteranno a casa il risultato. Mentre facciamo il tifo per loro, non vogliamo dare una chance anche alla zampogna? Noi crediamo che se lo meriti.

Scapoli, 9 novembre 2017

Antonietta Caccia

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